Ma chi scarica le app di contact tracing?

E’ presto per capire se le nuovi abitudini sviluppate durante il lockdown riguardo al nostro rapporto con lo smartphone e il tablet rimarranno anche nei mesi a venire. Ma un aspetto che è cruciale analizzare con cura già da ora riguarda le app di contact tracing.

L’importanza della telefonia mobile, lo si è ricordato più volte, è stata percepita da tutti durante la pandemia: grazie a canoni mensili ampiamente sotto i dieci euro per dotazioni inimmaginabili due o tre anni fa – minuti e SMS illimitati, decine di gigabyte per il traffico dati – anche chi non aveva l’abitudine di utilizzare diverse app durante il giorno ora lo fa molto più spesso (e su SosTariffe.it si possono sempre trovare le promozioni più vantaggiose per l’estate 2020). I dati di crescita sono innegabili: secondo i calcoli di App Annie, le ore passate sugli smartphone sono aumentate, rispetto all’anno scorso, del 40%, con un record assoluto di duecento miliardi di ore ad aprile.

Va detto che qualsiasi tentativo di sintesi deve tenere conto di una situazione ancora in divenire: se l’Europa è quasi un’isola (almeno parzialmente) felice dopo essere stata colpita in maniera durissima nei mesi scorsi, mercati come l’India, il Brasile, gli Stati Uniti sono ancora in piena pandemia, quindi è presto per capire se le nuovi abitudini sviluppate durante il lockdown riguardo al nostro rapporto con lo smartphone e il tablet rimarranno anche nei mesi a venire. Ma un aspetto che è cruciale analizzare con cura già da ora riguarda le app di contact tracing.

Le app scaricate su Google Play sono aumentate del 10% rispetto al 2019, toccando i 25 miliardi di download, mentre su App Store l’aumento è stato del 20% (10 miliardi). Gli utenti Android sono più propensi a dedicarsi ai videogiochi (il 45% contro il 30% degli utenti iOS) e le altre categorie che hanno fatto segnare numeri da record sono state le utilities e le app di intrattenimento, ma gli aumenti più impressionanti sono stati quelli delle app di business (il settore che comprende anche le app di videoconferenza come Zoom e Meet: +115% su Google Play), salute (+75%), education (+50%).

Un settore tutto particolare è stato, per forza di cose, proprio quello dedicato alla salute. Più o meno tutte le app sviluppate per conto dei diversi governi sono state al primo posto come download: Immuni in Italia, COVID-19 Contact App in Giappone, Corona-Warn-App in Germania, COVIDSafe in Australia, StopCovid France in Francia e TraceTogether in Singapore. Già, Immuni: al momento sull’app store l’applicazione per il tracciamento dei contatti è sì al primo posto nella categoria salute, ma al 47esimo complessivo tra le app gratuite. E purtroppo il dato non significa che Immuni si trova sulla maggioranza degli smartphone degli italiani, visto che è stata scaricata soltanto da 4,2 milioni di persone, contro i 25 milioni che costituiscono, secondo le simulazioni, la “massa critica” affinché l’app possa essere talmente utile.

Lo stesso Commissario straordinario per l’emergenza COVID-19Domenico Arcuri, ha ammesso che le cose non sono andate come previsto (o sperato): «La app Immuni non ha per ora raggiunto i target che si immaginavano all’inizio; la campagna di comunicazione c’è e continua ad esserci. La principale delle ragioni non ha a che fare con la campagna informativa. Ha a che fare con la fase del ciclo di epidemia che stiamo vivendo e che trova una qualche forma comprensibile ma non condivisibile di rilassamento generale. Però c’è, va avanti nei download. Ci servirà molto a partire dall’autunno». Intanto, a Chieti è stata attivata pochi giorni fa la prima procedura per la segnalazione di positività (una delle 5 persone risultate positive al test aveva infatti scaricato l’app sul suo dispositivo).

Insomma, verrebbe da dire che scarichiamo molte applicazioni, da TikTok a Disney+, ma non quelle “giuste”, che ci aiuterebbero a prevenire la temuta “seconda ondata” autunnale: complici un po’ di disinformazione (e anche figure piuttosto in vista hanno sollevato dubbi sul trattamento della privacy dei dati degli utenti, sebbene gli sviluppatori di Bending Spoons abbiano più volte dimostrato l’assoluta sicurezza dell’app) e un progressivo calo di interesse man mano che i dati dei bollettini quotidiani si fanno più sopportabili, gli smartphone vengono utilizzati più come strumento di svago che per le loro potenzialità di protezione della salute pubblica: il che è, comunque la si voglia vedere, un peccato.

Tutto questo tenendo conto di come altrove le app di contact tracing abbiano avuto risultati molto vari. A maggio, l’app islandese è stata scaricata dal 38% della popolazione, ma secondo il vicecommissario Gestur Pálmason non è bastato; alcuni ricercato di Oxford hanno detto che sarebbe necessario almeno il download da parte di almeno il 60% della popolazione, un dato che per l’Italia sarebbe quindi ancora superiore rispetto a quanto comunicato dal Governo. In Norvegia problemi di privacy hanno costretto le autorità a rimuovere l’app (che utilizzava non solo il Bluetooth, ma anche il GPS, e soprattutto gestiva i dati centralmente e non su ogni singolo smartphone).

Non c’è speranza, dunque? L’esperienza irlandese insegna il contrario. L’app ufficiale dell’isola, Covid Tracker Ireland, sviluppata dalla società NearForm, è stata molto più scaricata rispetto alle aspettative, con 1,3 milioni di download (su 5 milioni di abitanti) in soli otto giorni, un dato che l’ha proiettata in cima alla classifica delle app di maggior successo in materia di contact tracing: merito sicuramente della fiducia che i cittadini nutrono nel governo (un dato che, come sappiamo, in Italia è sempre piuttosto basso). La notizia fa ancora più scalpore se si considera che la vicina Gran Bretagna (la nazione che in Europa ha avuto il maggior numero di morti in assoluto) non è ancora riuscita a rilasciare una sua app ufficiale. Come ha chiosato Paul Reid, il massimo dirigente del Servizio Sanitario irlandese, «che si tratti del divieto al fumo o dell’euro, l’Irlanda è piuttosto brava nell’adottare le novità». Tutto questo sempre dando per assodato che il contact tracing possa dare risultati apprezzabili una volta raggiunta la soglia di popolazione necessaria: anche i più scettici ora guardano a Dublino, sperando comunque che il virus se ne vada prima di un vero e proprio test sul campo.